Così la cannabis terapeutica per i malati potrebbe salvare un paese che scompare

A Saracinesco, 200 abitanti vicino Roma, il comune vuole realizzare un villaggio per le cure a base di canapa, coltivata in zona per secoli. Iniziando con una semina pubblica e una giornata di degustazioni. Ideatore? Un sindaco cattolico

Quindici ettari di natura incontaminata vicino al fiume Aniene, nel bel mezzo della valle del Giovenzano. È qui, in località Pantano – un piccolo angolo di paradiso a un’ora d’auto dalla capitale, fra Tivoli e Subiaco – che il comune diSaracinesco, meno di 200 anime in provincia di Roma, intende realizzare il Villaggio della salute: un complesso di resort eco-compatibili in cui esercitare la libertà di cura medicalmente assistita. Che tradotto vuol dire sostanzialmente a base di cannabis. Da coltivare in loco e somministrare, dietro prescrizione, ai malati affetti da patologie invalidanti o neurodegenerative come la sclerosi multipla che già oggi ricorrono, spesso pagando cifre stratosferiche , a terapie di questo tipo per lenire dolori e contrazioni muscolari. E tutto intorno, un grande bioparco fitoterapico con piante officinali, orti botanici, spazi per la vendita di prodotti canapa-derivati e visite guidate.

L’ideatore del progetto, unico nel suo genere, non è un agit-prop dell’antiproibizionismo radicale ma un sindaco cattolico di mezza età, “di centro e democristiano da sempre” come si definisce, che nelle cure antidolore vede una battaglia etica, l’antidoto allo spopolamento del paese e il recupero delle tradizioni locali. Già, perché a Saracinesco, la coltivazione della canapa tessile è stata per secoli una delle principali attività, attestata in numerosi atti notarili riguardanti i monasteri benedettini della zona fin dal Medioevo. E proprio a Pantano c’erano le “cannavine”, ovvero le coltivazioni della pianta per farne tela da sacchi e cordami.

Un progetto partecipato anche dalle università di Tor Vergata e della Tuscia e da tante associazioni no profit di malati che si battono per la libertà di cura, come i Pazienti impazienti cannabis di Genova, la leccesse LapianTiamo o la siciliana Marijuana therapy liberty, solo per citarne alcune. E proprio questi gruppi dovranno fare da spina dorsale all’operazione e permetterle di camminare sulle sue gambe: la ricerca fondi, auto-tassazione compresa, nelle intenzioni partirà dal mondo associativo che gestirà anche le strutture messe a disposizione dal comune. Un potenziale teoricamente sterminato, se si considera che solo gli affetti da sclerosi multipla in Italia sono circa 40 mila ma solo a 400 la cannabis terapeutica viene somministrata gratis o rimborsata dalle regioni in cui risiedono.

Costo complessivo del piano, verso il quale alcuni privati avrebbero già manifestato interesse: 12 milioni, anche se si punta a partire con un progetto-pilota assai meno costoso, finanziato dalla Regione Lazio, che sta per varare una legge sulla produzione di canapa industriale, e fondi comunitari a gestione sia diretta che indiretta (il comune di Saracinesco è già stato capofila di un programma dedicato alle terre benedettine da 5 milioni).

L’appuntamento è per domenica 10 aprile quando in paese si svolgerà la giornata della canapa alimentare, con degustazioni di prodotti derivati come olio, pasta, biscotti o cioccolato. E a latere, la simbolica semina (in realtà realizzata a marzo, come prevedono i cicli lunari) del primo ettaro da adibire alla coltivazione della cannabis. Quella industriale, però, che ha un tasso di thc minimo, perché per quella medicinale serve l’autorizzazione del ministero della Salute.

“L’auspicio è riuscire ad avere anche quella ma intanto vorremmo partire con l’attività terapeutica, ovvero poter fare quel tipo di cure, visto che la cannabis dietro prescrizione già si può assumere, senza fare lucro sui malati. Poterla produrre sarà il passo in avanti” dice il sindaco Marco Orsola: “Come uomo delle istituzioni e cattolico credo in questa battaglia di civiltà da condurre a sostegno di chi sta male. Bisogna superare i pregiudizi, non ci possono essere resistenze verso un principio attivo che ha comprovate funzioni terapeutiche. Le resistenze possono riguardare l’uso ricreativo della marijuana ma non è nelle mie finalità occuparmene”.

Insomma, niente a che vedere con una comune hippy né con le canne libere, se a qualcuno è venuto in mente. Perché se il Villaggio della salute, basato sull’idea di un percorso riabilitativo, non c’è ancora, il decalogo sì. Ed è assai stringente: accesso solo ai residenti o agli associati, niente auto né cibi confezionati. E caldi inviti a limitare l’uso di pc, tv, tabacco e alcol.

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